mercoledì 12 marzo 2014

C'ERA UNA VOLTA IL MILAN. L'EPITAFFIO DI MARIO SCONCERTI


Amici e lettori del blog sanno che tengo per la Signora del calcio.  I più attenti, che ammiro il Milan più della mia squadra. Ci sono vari post a dimostrarlo : http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2012/07/addio-grande-milan-stavolta-sembra-di.html ;   http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2012/09/ma-ai-tifosi-del-milan-dire-grazie.html,    così come la mia predilezione per Carlo Ancelotti  http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2012/05/i-campioni-del-milan-stellare-vanno-via.html .
Quindi sono sincero quando dico che mi dispiace vedere il Milan decaduto come solo ai tempi di Farina e della serie B. Ancora una volta, credo che l'analisi di Mario Sconcerti sia la più corrispondente alla triste realtà dei rossoneri. La decadenza del Presidente coincide con quella della squadra più blasonata al mondo.
Resta confermato che non c'è un modo di far finire bene le storie belle. 
Se non fosse così, non finirebbero. 



Prendere atto della fine è l’unico 
modo per ricominciare 

La cosa peggiore è che è stata una partita normale. Ha vinto la squadra migliore, senza aver fatto niente di straordinario. L’Atletico ha avuto più ordine, un po’ più di individualità e convinzione. Il Milan si sente ora stremato dalla propria normalità, non è più capace di una differenza, questo lo porta a ragionare da ex grande squadra, quindi solo stanca, solo introversa e prevedibile come gli uomini oscuri nella caverna che vedono la luce solo alle spalle. Credo che alla fine faccia bene questa sconfitta dura, porta tutti al presente.
Ora non c’è più una discussione su Balotelli o sulla confusione della società, sul ruolo di Galliani e Barbara, tutti ingrigiti da una quotidianità lunga, tutti già dati per scontati. Una sconfitta che allontana dagli arrivi in elicottero di Berlusconi, dai suoi piani tattici taumaturgici un tanto al chilo. Dai miracoli di mercato all’ultima ora su consigli degli amici, dai cambi di allenatore, dai grandi ritorni a costo zero. Oggi il Milan non ha più niente del passato, è qualcosa che non c’è più, non è un problema di avversari né di momenti. È un capitolo chiuso. Non ci sono rimonte reali da fare, c’è solo una strada da ritrovare. E non c’è niente di peggio di chi aveva saputo per tanto tempo trovarla e oggi pensa gli appartenga di diritto, per induzione. Oggi finisce un’epoca, si è chiuso anche l’ultimo centimetro di coda. Non c’è più margine per nessun ragionamento che non sia una nuova vita, nuovi grandi investimenti, nuova mentalità. Non resta niente che appartenga al passato.
Nel Milan di oggi è tutto modesto. È magra la strada, i pellegrini che l’attraversano, il teatrino che vorrebbe sorreggerla. Prendere atto di una fine è l’unico modo serio per ricominciare. E se mai c’è stato negli ultimi trent’anni un momento in cui si doveva cambiare, è arrivato. Non c’è più niente di sbagliato. Semplicemente non c’è più niente. Sono finite anche le scuse, i tanti rituali dietro cui si maschera la fine di un Grande Soggetto.
Non è più questione di modulo, non lo è mai stato, ma valeva la pena provare. Non è più questione di dirigenti, di allenatori. Non c’è più copione, il Milan recita dentro una commedia dell’arte senza trovarne la naturalezza. Il vero merito è finalmente aver toccato il fondo. Nessuna intervista può più ingannare, nessuna cena ad Arcore. Si può ricominciare davvero solo quando una storia è finita. Questo è quel tempo. La modestia non ha protagonisti perché è modesta per definizione. Non ci sono colpevoli più di altri, ci sono giocatori inadatti, discussi perché sopravvalutati e sopravvalutati perché dentro una bugia che andava tenuta in alto. Adesso arriva la verità, nuda, secca, irrinunciabile. Finalmente si può ricominciare.

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