Nello stesso giorno sul Corriere della Sera due penne importanti, quelle di Paolo Mieli e di Pierluigi Battista, dedicano la loro attenzione - e biasimo - a due diversi casi di malagiustizia.
Il primo si occupa di Ilaria Capua, una scienziata coinvolta da una indagine in piedi da "soli" dieci anni - di processo non so se ancora si parli...ma tanto, se arriva la legge sulla prescrizione che piace a Davigo e compagni , intendendo anche i compari di merende della anm assisi sui banchi piddini, puoi rimanere indagato e/o sotto processo ad libitum - per un reato gravissimo, "diffusione di epidemia", e per questo congelata nella sua preziosa attività scientifica in Italia. Almeno questa frustrazione, grande, è in via di soluzione, ché negli Stati Uniti una importante università della Florida gli ha offerto cattedra e direzione di un centro di eccellenza.
Quella che perdiamo noi, ma che ci importa ? L'importante è che i manovratori possano continuare ad indagare indisturbati.
Pierluigi Battista, più temerario, si lancia nella difesa dell'infermiera di Piombino, il nuovo "angelo della morte" dei media italiani, che il Tribunale del Riesame ha rimesso in libertà criticando con asprezza l'inconsistenza degli elementi fin qui acquisiti dagli inquirenti e che pure avevano portato la donna in galera in via "cautelare".
Magari il processo, quando si farà, dimostrerà che la signora è veramente un'omicida, ma quella sentenza è di là da venire, ammesso che arriverà, mentre intanto il popolo italiano ha già bello che deciso : COLPEVOLE.
E se così non sarà, la colpa sarà dei giudici buonisti (quelli che hanno assolto Amanda e Sollecito, o Busco, per sua fortuna meno famoso ma non meno tormentato).
L'attacco di Battista nei confronti di Davigo e la sua categoria è frontale, all'arma bianca.
Probabilmente i suoi avversari storici, Travaglio e i suoi lettori, grillini in primis, penseranno che gli articoli in tema di giustizia se li faccia scrivere dal fratello, l'avvocato Domenico, noto difensore di spregevoli delinquenti, sempre e solo colpevoli...
Di Mieli riporto ampi stralci, mentre Battista va letto per intero.
SCIENZIATI COSTRETTI A FUGGIRE
di Paolo Mieli
......
I nostri — in principio i Nas poi il magistrato Giancarlo
Capaldo — ci misero quasi dieci anni prima che del loro lavoro, compiuto
prevalentemente con le intercettazioni, si sapesse qualcosa. E quando nel 2014
se ne ebbe notizia, ciò avvenne all’italiana: qualcuno passò le «carte» all’
Espresso che ci costruì sopra un servizio da copertina in cui si denunciava un
«traffico internazionale di virus, scambiati da ricercatori senza scrupoli e
dirigenti di industrie farmaceutiche, tutti pronti ad accumulare soldi e fama grazie
alla paura delle epidemie».
I «trafficanti» — spiegava il settimanale che faceva il
dover suo dal momento che nessun giornalista avrebbe gettato nel cestino un
incartamento così incendiario, per di più vidimato da carabinieri e magistrati
— sarebbero stati disposti «a pagare decine di migliaia di euro pur di
impadronirsi degli agenti patogeni» dal momento che «averli prima permette di
sviluppare i vaccini battendo la concorrenza». Si era in presenza, insomma, di
un «business delle epidemie» riconducibile a una «cinica strategia
commerciale»: gli accusati avrebbero amplificato «il pericolo di diffusione e i
rischi, spingendo le autorità sanitarie ad adottare provvedimenti d’urgenza che
si trasformano in un affare da centinaia di milioni di euro per le industrie».
Tra gli indagati compariva un nome destinato a fare
sensazione, quello di Ilaria Capua, accusata di aver commerciato l’«H7N3
Pakistan», un virus che qui da noi avrebbe potuto provocare un’epidemia di
volatili nonché una strage di essere umani. Ma chi è Ilaria Capua? È una delle
più importanti studiose italiane, nel 2006 aveva individuato un ceppo
dell’aviaria e, anziché brevettare quella scoperta, l’aveva resa pubblica. Di
più: aveva promosso una campagna internazionale a favore del libero accesso ai
dati sulle sequenze genetiche dei virus. Nel 2007, Scientific American l’aveva
inserita tra i cinquanta scienziati più importanti del mondo e nel 2008 la
rivista americana Seed l’aveva inclusa tra le cinque revolutionary minds .
Anche per questo Mario Monti l’aveva voluta con sé in politica e nel 2013 era
stata eletta in Parlamento dove l’avevano poi scelta come vicepresidente della
commissione Cultura.
Un anno dopo, all’improvviso, si ritrovava — assieme al
marito, a dirigenti del ministero della Salute e dell’Istituto zooprofilattico
sperimentale delle Venezie — indagata per associazione a delinquere finalizzata
alla corruzione, abuso di ufficio, traffico illecito di virus. Ma soprattutto —
e questo riguardava lei sola — veniva accusata di aver posto «le condizioni per
il reato di epidemia». Punibile con l’ergastolo.
Tutto è cominciato, dicevamo all’inizio, in quell’America
che ha risolto il caso in un paio di anni. E tutto paradossalmente si
concluderà negli Stati Uniti dove un prestigioso ateneo della Florida ha notato
che la Capua
era qui da noi, per così dire, inattiva, e — tramite un’organizzazione
internazionale — l’ha convocata per affidarle un incarico da full professor ,
nonché la direzione di un Centro di Eccellenza. Da parte americana nessun
problema di visto per una «stragista» passibile di ergastolo sia pure nei
presupposti bislacchi che abbiamo brevemente sunteggiato.
un Paese, il nostro,
che — lo ripetiamo ancora una volta — non mostra alcuna sensibilità nei
confronti dei metodi e del rigore che si addicono al mondo della scienza. Ma
che, complice anche il nostro sistema giudiziario, a questo mondo è adesso in
grado di offrire un proprio originale contributo: la creazione della categoria
dei «migranti scientifici».
I magistrati al lavoro e l’infermiera di Piombino
Il neopresidente dell’Associazione nazionale magistrati Piercamillo Davigo sostiene che la magistratura italiana, malgrado le apparenze e le interminabili ferie che ne allietano le estati, lavori più dei colleghi sparsi in tutti gli angoli del mondo. Chissà se nel conteggio finale, a corroborare questa ardita tesi, debbano essere anche incluse le ore, i giorni, le settimane (poche) che i giudici del Riesame di Livorno hanno dovuto adoperare per smontare le ore, i giorni, le settimane (moltissime) con cui
Magari l’infermiera non sarebbe stata additata al pubblico ludibrio come un’acclarata assassina seriale prima che un processo regolare ne confermasse l’innocenza, costituzionalmente tutelata fino a sentenza definitiva ma irrisa come una favoletta da tutti i forcaioli d’Italia che in questi anni hanno demolito le fondamenta stesse dello Stato di diritto. Magari le analisi scientifiche avrebbero potuto scagionare chi in pochi giorni ha dovuto subire il processo con condanna incorporata di un’opinione pubblica affamata di mostri. Ed ha subito l’onta e l’angoscia di una carcerazione preventiva usata in Italia con una frequenza da record (questo sì).
Sono conteggiate, nel calcolo suggerito dal dottor Davigo, anche tutte le pratiche giudiziarie che finiscono regolarmente nel nulla, che vengono indicate all’opinione pubblica con grande dispendio di strumenti comunicativi e che poi si perdono, tutte le megainchieste, le superinchieste che non riescono a cavare un ragno dal buco. Quanto lavoro, quante ore da aggiungere alla diuturna attività dei magistrati italiani presi da Davigo come un modello mondiale di produttività e di abnegazione. E quanto spreco di tempo, spreco di denaro, spreco di lavoro, per arrivare a costruire inchieste che poi verranno regolarmente scucite dalle sentenze definitive. Errori fisiologici? O non piuttosto, la smania di apparire, di avere un ruolo da protagonisti, di giocare di concerto con i media? Anche a costo di costruire mostri che mostri non erano.
Ripensando a tanti articoli di giustizia e mani pulite degli ultimi venticinque anni certi garantisti dell'ultima ora mi danno il voltastomaco .
RispondiEliminaPurtroppo in Italia in molti si sono assicurati un posto al sole e uno stipendio sicuro facendo giornalismo "su misura" per un padrone o per una causa politica,......... che sempre di un padrone si tratta.
Leno
Entrando meglio nel merito dell'articolo, concordo, si, è innegabilmente vero che nel Belpaese piuttosto che il merito conta, molto di più, quasi soltanto, lo sponsorizzatore. Quasi sempre è politico e la nostra politica fa scelte basate quasi unicamente sulla SUA convenienza. La situazione venutasi a creare mi fa pensare a certi paesi del Sud America o ai satrapi padroni di vita e di morte sui propri sudditi di certi paesi africani.
RispondiEliminaIl figlio di amici, laureato ingegnere a Roma si buttò a capofitto su un'offerta (lo tenevano d'occhio ?) del CERN di Ginevra . Dopo due anni li, considerando esaurito il suo percorso in quel paese, è tornato per affacciarsi sul mondo dello studio-ricerca a Roma. Dopo un paio di mesi, rendendosi conto che per bene che gli poteva andare avrebbe potuto fare il "galoppino" a €1.400 al figlio deficiente di qualche barone universitario è finito che si è rimesso nel giro scientifico internazionale e dopo vaglio attento dell'offerto (in verità un po' truffaldina) degli israeliani ha firmato un accordo con la Berkeley (mi pare di San Francisco) che gli ha riconosciuto i suoi meriti accordandogli una cattedra e fondi per la sua ricerca.
Gabriele è soltanto uno dei quattro figli d'amici o parenti di mia conoscenza che si sono DOVUTI realizzare all'estero perché obbiettivamente più qualificati di qualche figlio insulso di papà-barone.
E come non pensare a male quando ho sentito un rappresentate di SX della nostra classe politica commentare in TV (non ricordo il nome ma ha fatto proseliti) che i nostri ragazzi che sono-DOVUTI-scappare-all'estero per realizzarsi sono in fondo degli ingrati per aver abbandonato il paese che li ha fatti studiare. Dato questo, che è vero se si considera qualche borsa di studio a questo o quell'altro, ma i nostri ragazzi si laureano se sono i genitori a pagar loro le tasse scolastiche, a comprargli i grembiulini come anche i testi scolastici per la scuola dell'obbligo ma anche i testi universitari.
Non ci sto. Odio con tutto me stesso (altro non posso fare) il sistema politico che in questo paese s'è impossessato (e strozzandone le risorse migliori) facendo un suo feudo di ogni possibile posto di comando o punto di vantaggio .
Leno
Ripensandoci m'è venuta una curiosità, puramente accademica, e cioè, conosco quattro cinque giovani italiani che sono dovuti andarsene all'estero per realizzare i loro sogni. Posto che forse ogni italiano della mia
RispondiEliminaetà sia al corrente di due soli casi simili, questo paese sta subendo un travaso di disperati. Quelli autoctoni che scappano e quelli d'importazione, spesso senza ne arte ne parte, che da noi cercano (tapini !) fortuna o condizioni di vita soltanto un po' migliori che nel loro paese.
Leno